Forse non vi è molto familiare, ma il Kaffe Handels Aktien Gesellschaft rientra nella vita e nelle abitudini di molti di noi.
È questo infatti il nome esteso del caffè decaffeinato. Le sue origini sono tedesche, precisamente di Brema, e vanno indietro nel tempo fino al 1905, quando Ludwig Roselius inventò il processo per estrarre la caffeina dal caffè e divenne il fondatore della prima azienda produttrice di decaffeinato.
Prima di capire come eliminarla, è utile capire cos’è la caffeina, considerata come il blando stimolante più diffuso al mondo.
Il suo composto chimico venne identificato più recentemente di quanto crediamo e sicuramente con l’aiuto di chi non avremmo mai sospettato.
Soltanto nel 1819, ben 200 anni dopo il suo arrivo in Europa, la molecola venne isolata da Ferdinand Rungela, a seguito di un confronto con uno dei nomi più conosciuti dell’epoca, Wolfgang Goethe, che non era soltanto uno scrittore, poeta e drammaturgo, ma anche uno studioso di chimica e biologia.
Le fasi della decaffeinizzazione
I metodi per la decaffeinizzazione si diversificano gli uni dagli altri principalmente per le sostanze utilizzate durante il processo, mentre le fasi sono comuni a tutte le tecniche:
Gonfiaggio
I chicchi di caffè selezionati dalla miscela vengono “gonfiati” con acqua e vapore per distanziare la loro struttura cellulare, facilitando così l’estrazione della caffeina in modo omogeneo durante i processi successivi.
Estrazione
La parte fondamentale del processo.
Grazie ad un particolare solvente la caffeina viene “catturata” e portata così al di fuori del chicco.
Recupero del solvente
Il solvente viene completamente eliminato dal caffè in modo da poterlo recuperare e utilizzare per le successive lavorazioni.
Questa parte è molto scrupolosa sia per ragioni economiche, dato che il prodotto usato è molto costoso, sia perché la legge impone determinati limiti massimi di residui.
Asciugatura
I chicchi, ancora umidi per il processo di lavorazione, vengono “asciugati” eliminando l’acqua residua.
Anche qui l’attenzione è altissima, perché il livello di umidità è uno dei fattori fondamentali nelle analisi del prodotto.
Confezionamento
Una volta pronto il caffè decaffeinato viene insaccato in tele nuove, oppure in quelle fornite dal cliente stesso per ottimizzarne la logistica.
Analisi
Per assicurare al consumatore che il prodotto che sta consumando è realmente decaffeinato si devono effettuare diverse analisi: il residuo di caffeina (non superiore a 0.1% in peso in Italia e in gran parte dei paesi europei), di solvente (non superiore a 2 parti per milione sul tostato per diclorometano) e di umidità (per la legge italiana non superiore all’11%).
Quali sono le differenze di gusto tra un caffè decaffeinato e un espresso?
Nel campo del caffè ci sono diverse squadre che si danno battaglia. Iniziando da chi lo vuole zuccherato (normale? di canna?
oppure con la variante dietetica?), passando a chi invece lo preferisce amaro.
Una delle querelle più gettonate è tra chi non berrebbe mai un decaffeinato perché non abbastanza corposo nel gusto.
Ovviamente noi non ci schiereremo, ma ci teniamo a segnalare un prodotto che potrebbe mettere d’accordo tutti: il Kavè Decaf, che grazie al lavoro scrupoloso fatto sui chicchi di caffè, riesce a donare a questa variante un sapore consistente e ben equilibrato, con una preponderanza del dolce su un amaro di valore medio-basso e un acido quasi assente. Creato esclusivamente con le migliori Single Origin del sud America e dell’India, è disponibile in capsule e in polvere per macchine espresso, french press e moka.
Inoltre, per assicurare i consumatori sul processo di decaffeinizzazione e sulla qualità della lavorazione, tutta la linea Kavè Decaf è stata certificata dall’Istituto Nazionale Espresso Italiano.
Il caffè decaffeinato fa male?
Sempre rimanendo in tema di falsi miti si è sentito e letto più volte che il decaffeinato sia dannoso per la salute, ma nessun ente per la salute pubblica ha mai evidenziato problematiche significative dal punto di vista epidemiologico e sanitario.
In particolare, sono stati diffusi i risultati degli studi condotti dall’EFSA, European Food Safety Authority, che rassicurano gli Stati Membri che avevano espresso preoccupazione circa gli effetti nocivi sulla salute associati al consumo di caffeina.
Gli accorgimenti che si devono avere sono gli stessi da prendere in considerazione con il normale caffè: non abusarne in caso di malattie cardiovascolari, insonnia o ansia e reflusso gastrico.
In questi casi si sconsiglia anche l’assunzione del decaffeinato, poiché la quantità di caffeina è bassa, ma non inesistente.
Dopo aver scritto delle possibili conseguenze negative, per dovere di cronaca, si deve scrivere anche degli effetti positivi.
La piccola quantità di caffeina presente nel decaffeinato è infatti un potente alleato della salute: favorisce la secrezione gastrica e la peristalsi, aiutando così la digestione; è consigliato in caso di mal di testa, poiché grazie al suo effetto vasocostrittore aiuta a diminuire il dolore e infine fa bene anche al fegato perché i diterpeni, i flavonoidi presenti nel caffè, proteggono le cellule epatiche dai danni causati dai radicali liberi prodotti dalle reazioni metaboliche del fegato.
Gli effetti che abbiamo appena elencato sono riscontrabili, almeno in parte, anche nel tè poiché la caffeina presente nel caffè ha una stretta parentela con la teofillina.
Dopo avervi raccontato tutte le proprietà del decaffeinato, vi consigliamo di scoprire anche i segreti del suo stretto “parente”, il tè, con una storia che inizia 5000 anni fa.