Come accade per molte piante che non crescono alle nostre latitudini, anche quella da cui si ottiene il caffè non è una coltura su cui tutti sono preparati.
Anche i più fedeli consumatori e amanti di questa bevanda, infatti, non è detto che ne conoscano in dettaglio l’aspetto e le caratteristiche, tanto meno le differenze tra una specie e l’altra.
Oggi approfondiremo proprio questo aspetto, parlando delle due varietà di caffè più diffuse, l’Arabica e la Robusta, per poi scoprire anche quante tipologie di caffè verde esistono.
Coltivare l’Arabica e la Robusta
Queste specie presentano alcune caratteristiche che le differenziano nella coltivazione: per prima cosa, infatti, richiedono ambienti di crescita molto diversi.
Sebbene entrambe non si adattino a climi freddi, la pianta di caffè Arabica è meno resistente e ha bisogno di attenzioni particolari; è soggetta all’attacco di parassiti e funghi, soffre lo stress climatico, la forte umidità e la temperatura elevata.
Il clima ideale per la sua coltivazione è quello d’alta quota, tra i 1000 e i 2500 metri.
La Robusta, invece, tenace e adattabile, cresce rigogliosa tra i 200 e gli 800 metri, in virtù della sua resistenza alle alte temperature, all’umidità e agli attacchi degli insetti.
Caffè Arabica e Robusta: quali sono le principali differenze?
Partiamo dall’aspetto del chicco: quello dell’Arabica è di forma allungata, con un solco sinuoso al centro; il colore è un verde più o meno intenso, con sfumature leggermente azzurre.
La Robusta, invece, ha chicchi più tondeggianti, con un solco dritto, ed è verde pallido con sfumature che vanno dal bruno al grigiastro, a seconda della provenienza del caffè.
Tra le differenze più significative, inoltre, troviamo la resa annuale che, nel caso della Robusta, è nettamente superiore rispetto all’Arabica (4000 kg per ettaro contro 1500-3000 kg).
Il contenuto di caffeina, infine, è minore nell’Arabica, ed è da questa varietà che si ricavano caffè come la monorigine Messico Filicori Zecchini.
Arabica e Robusta: le caratteristiche della bevanda
Le caratteristiche di un caffè dipendono non soltanto dalla specie, ma anche da fattori come la lavorazione, la qualità, l’origine geografica e la tostatura.
Tuttavia, tracciando un profilo aromatico dell’Arabica e della Robusta, emergono sensibili differenze.
La prima, infatti, è molto profumata, dolce, leggermente acida, con una crema di color nocciola chiaro.
La seconda, invece, ha una nota più spiccata di amaro: il caffè è meno complesso e più strutturato, con una crema di colore marrone.
Caffè verde: quante tipologie ne esistono?
Finora ci siamo occupati delle differenze tra le due specie Arabica e Robusta, ma le tipologie di caffè variano anche a secondo dei metodi di lavorazione delle drupe.
Vediamo quali sono.
● L’Arabica lavata indica un caffè verde preparato per via umida. Gli aromi sono fruttati e floreali, legati al gusto dell’acido.
Il colore è verde/blu.
● L’Arabica naturale è un caffè preparato con metodo naturale: le drupe sono essiccate al sole, prima dell’estrazione del chicco.
Le note fruttate sono più smorzate, rispetto alla tipologia precedente, e l’aroma in tazza è denso, persistente, con sentori di miele e spezie.
● La lavorazione dell’Arabica semi-lavata permette una essiccazione senza la fermentazione delle ciliegie: il caffè risulta uniforme nella tostatura, corposo e dolce in tazza.
● Anche la Robusta lavata è preparata per via umida.
La sua colorazione è giallo/verde, in tazza risulta morbida ed è adatta alla miscela per caffè espresso.
● La Robusta naturale non richiede metodi di lavorazione elaborati ed è per questo motivo tipica dei Paesi con ridotte capacità economiche.
Coltivata in Africa, Sud-est asiatico e Vietnam, questa tipologia ha grande corposità, ma a seconda del luogo d’origine presenta delle differenze nei sentori della bevanda.
● Per ottenere la Robusta depellicolata i chicchi vengono messi in un contenitore con acqua che, una volta chiuso, viene fatto ruotare su se stesso.
Questo causa uno sfregamento che pulisce la superficie del caffè, eliminando la pellicola argentea e qualsiasi altro residuo.
Questa lavorazione non provoca nessuna evidenza aromatica, ma tende a rendere più neutro e pulito il chicco ed è quindi ideale per una miscela che ne esalta la cremosità.
● Il Monsonato è un caffè indiano davvero particolare, nato quasi per caso all’epoca in cui le navi merci impiegavano diversi mesi per arrivare in Europa dall’Asia.
Durante il viaggio, il caffè veniva tenuto nelle stive e fatto arieggiare per evitare che ammuffisse. L’aria piena di umidità, la salsedine, la brezza oceanica ne modificavano il gusto e il colore.
Quando però venne aperto il Canale di Suez e le navi cominciarono a essere alimentate a vapore, il risultato fu un caffè dal sapore molto diverso: per questo si pensò di replicare quell’effetto sulla terra ferma, riproducendo le condizioni del trasporto via mare.
Oggi in India, durante la stagione delle piogge, il processo è riprodotto negli stabilimenti: i chicchi essiccati sono disposti in strati di 15 cm all’interno di strutture aperte ai lati, protette da una tettoia, per assorbire l’umidità dell’ambiente.
Il caffè viene poi sistemato in sacchi di juta, riposti accatastati ed esposto ancora all’aria salmastra. Il processo di aromatizzazione dura dai tre ai quattro mesi, durante i quali si attenua l’acidità, i chicchi assumono un colore paglierino e il sapore tipico a seconda delle origini.